Ahmadinejad vuole incontrare Obama per ristabilire l’ordine in Iran
08 Settembre 2009
di redazione
Venerdì scorso il presidente Mahmoud Ahmadinejad sembrava per la prima volta ottimista, dopo le contestate elezioni di giugno. Il motivo era semplice: tutti i ministri del suo gabinetto sono stati approvati dal Parlamento iraniano. Anche chi aveva destato forti critiche internazionali come Ahmad Vahidi, accusato dalla magistratura argentina di essere coinvolto nell’attentato del 1994 contro un centro ebraico a Buenos Aires e costato la vita a 85 persone, è stato nominato ministro della Difesa.
Al di là di ogni aspettativa, ieri il Presidente iraniano in conferenza stampa ha mostrato il desiderio di riavviare i negoziati sul nucleare. Nell’affermare questa disponibilità, ha comunque escluso ogni discussione in merito all’“innegabile diritto dell’Iran all’energia nucleare”, proponendo invece colloqui con le potenze mondiali sul suo uso pacifico.
C’è di più. Mahmoud Ahmadinejad ha proposto un dibattito pubblico con Barack Obama, presidente degli Stati Uniti e principale avversario dell’Iran, affermando: “Siamo pronti per il dibattito sulle questioni globali perchè è il modo migliore per risolvere i problemi del mondo”. L’occasione si presenterà di qui a poco, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite alla fine di settembre. Poi, ha fissato anche i punti della futura agenda sulla cooperazione tra l’Iran e la comunità internazionale: lo sviluppo dell’energia atomica "pulita" per scopi pacifici, da una parte, e la prevenzione della proliferazione delle armi nucleari dall’altra.
Dello stesso parere non è il cosiddetto “5+1”, formato dai i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e la Germania. Il Gruppo sostiene che, per sedersi al tavolo delle trattative, l’Iran deve prima fermare il processo di arricchimento del nucleare già avviato. Poi si potrà discutere su ogni altro argomento, in primis il ritiro dell’embargo imposto al Paese dalla comunità internazionale. Se Teheran rifiutasse questa soluzione, l’ipotesi è quella di spingersi oltre attuando misure più punitive, compreso un possibile blocco economico delle esportazione in Iran di prodotti petroliferi raffinati come benzina e gasolio.
Mentre il presidente iraniano tenta di ricucire i rapporti con la comunità internazionale dando chiari segnali di apertura, all’interno del Paese il leader dell’opposizione Mir Hossein Mousavi rinnova le accuse di brogli avvenute durante le ultime contestate elezioni presidenziali. Durante un comizio che si è tenuto sabato scorso, Mousavi ha chiesto alla popolazione di continuare a ribellarsi contro l’establishment al potere.
Dietro l’apertura di Ahmadinejad nei confronti dell’Occidente c’è quindi il bisogno di ottenere legittimità sul piano internazionale per ristabilire l’ordine interno. Se il presidente riuscirà in qualche maniera ad ottenere una riduzione delle sanzioni, dimostrando alla comunità internazionale che l’interesse dell’Iran per il nucleare non ha scopi bellici, potrebbe anche convincere una buona parte della popolazione iraniana a tornare sui propri passi, legittimando l’esecutivo eletto nei mesi scorsi. Ahmadinejad non è comunque nuovo a questo tipo di dichiarazioni. Anche due anni fa, in un discorso alla Columbia University, aveva cercato di ingraziarsi l’opinione pubblica occidentale. Con scarsi risultati.