Cosa sfugge a Berlusconi di Putin

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Cosa sfugge a Berlusconi di Putin

Cosa sfugge a Berlusconi di Putin

13 Febbraio 2023

Per molto tempo, Silvio Berlusconi è stato alleato e amico di Putin. Non è stato il solo, in Europa, e questo può spiegare le esternazioni di quest’anno e di quello passato. “Bastava che Zelensky cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto,” ha detto ieri il Cavaliere riferendosi alle ragioni della guerra in Ucraina. “Quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”, che sarebbe Zelensky. Ora, al di là delle opinioni personali di Berlusconi, addossare su un’unica persona le complesse responsabilità della guerra in Ucraina è una semplificazione. Dettata probabilmente dalla campagna elettorale che oggi si è chiusa con la vittoria della destra in Lombardia e nel Lazio.

Non si può attribuire unicamente a Zelensky la complicata questione delle repubbliche separatiste del Donetsk e di Luhansk. Tanto più che nel 2014 fu proprio Putin a innescare la guerra civile in Ucraina. Piuttosto, il rischio è di tornare ad agitare nel nostro Paese la propaganda sulla presunta “missione speciale” russa. Comprensibile la reazione ucraina e pure quella del Governo italiano, con la conferma del sostegno a Kiev e della scelta atlantica di Meloni.

Scelta fondamentale, anche perché sul campo, in Ucraina, la situazione resta difficile. “Stiamo assistendo alla nuova offensiva della Russia”, ha dichiarato nelle scorse ore il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Quello che la Russia sta facendo è inviare migliaia e migliaia di altre truppe. Accettano un tasso molto alto di feriti e un gran numero di perdite, ma mettendo pressione sugli ucraini. La Russia ciò che non ha in qualità lo prova a compensare in quantità. L’addestramento non ha lo stesso livello delle forze ucraine ma hanno più truppe”. “E’ questione di tempo. È urgente fornire più armi all’Ucraina perché prima le forniamo più vite salviamo”, ha aggiunto. Ma i primi carri armati inglesi dovrebbero arrivare in Ucraina a Marzo.

Mentre a Bakhmut, dove sono in azione i mercenari Wagner, le truppe ucraine soffrono la lenta avanza russa. Ma allora, cos’è che sfugge a Berlusconi di Putin? La risposta forse sta in un saggio di Sergei Guriev, Rettore e Professore di Economia a Sciences Po. Guriev è coautore (con Daniel Treisman) di Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century. Per 20 anni, spiega Guriev, il presidente Putin è stato il modello del nuovo autocrate del Ventunesimo secolo. Un tipo di politico che “mantiene il controllo”, il potere, “distorcendo le informazioni e simulando procedure democratiche”. Con questo Putin, il primo Putin, diciamo così, l’Occidente, e non solo Silvio Berlusconi, in passato ha voluto trattare, forse credendo, o meglio sperando, in una democratizzazione della Russia.

Ma con l’invasione dell’Ucraina, Putin è tornato a incarnare il tradizionale modello totalitario del Ventesimo secolo. Il “dittatore della paura,” come lo definisce Guriev. Così, l'”aspettativa di vita” del suo regime è “bruscamente diminuita”. È questo passaggio – dalla manipolazione alla violenza – che sfugge a molti che ancora si chiedono cos’è successo a Vladimir. Un anno fa, lo scorso febbraio, Putin ha tentato di replicare il successo del 2014 in Crimea. Il presidente russo ha creduto che la Russia avrebbe ottenuto un’altra rapida vittoria in Ucraina. Ma ha sopravvalutato le proprie capacità militari e sottovalutato sia la volontà di resistere dell’Ucraina che la reazione coesa dell’Occidente. I dittatori, come ci insegna la storia, sono inclini a questi errori di giudizio, rinchiusi come sono nella loro bolla.

Quando Putin si è reso conto del suo errore, ha deciso di abbandonare completamente il modello del dittatore manipolatore, a favore del modello tipico del Ventesimo secolo, la dittatura basata sulla paura, sulla censura, sulla repressione interna. Questa inversione è un segno di debolezza. Putin è consapevole della sua popolarità in declino, dice Guriev. Il terrore è la sua unica speranza di sopravvivenza politica e probabilmente fisica. Ma è impossibile prevedere quanto a lungo questo approccio gli consentirà di restare al potere. Anche perché dipenderà in maniera significativa da quanto accadrà in Ucraina. Una vittoria ucraina, conclude Guriev, senza dubbio accelererà la fine del suo regime.