Gombloddo. Perché Russia, Cina e Iran vivono in un incubo orwelliano (e qualcuno in Occidente se l’è bevuta)

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Gombloddo. Perché Russia, Cina e Iran vivono in un incubo orwelliano (e qualcuno in Occidente se l’è bevuta)

Gombloddo. Perché Russia, Cina e Iran vivono in un incubo orwelliano (e qualcuno in Occidente se l’è bevuta)

08 Gennaio 2023

Cosa hanno in comune Russia, Cina e Iran? Sono regimi autoritari, fieramente illiberali. Al di là delle conseguenze che ciò comporta a livello economico e di relazioni internazionali, in queste mesi sta diventando palpabile un tratto molto più inquietante. L’ossessione per il controllo delle vite dei loro cittadini, trattati per come sudditi, è degna di 1984, il libro di George Orwell. Sebbene citato per lo più a sproposito da complottisti, no-vax e terzomondisti anticapitalisti, in questo caso l’analogia calza a pennello.

La Cina di Xi-Jinping e la strategia zero Covid

Agli occhi di noi occidentali i governi di quei tre Paesi hanno preso delle decisioni impensabili. Pensiamo alla strategia zero Covid di Xi-Jinping. Hanno rinchiuso per quasi due anni decine di milioni di persone ogni giorno, limitando le libertà fondamentali oltre ogni ragionevolezza. Il lockdown cinese non è stato come quelli europei, nemmeno i primi, i più duri, reggono il confronto. Appena c’era anche un solo caso in una città grande come Shenzen, tutti finivano chiusi in casa. Addirittura, era negata la possibilità di uscire per comprare da mangiare.

Diritti e libertà degli individui visti come un orpello, un fastidio di intralcio ai piani del regime. In Italia qualcuno, da sinistra, ha provato a vendere la strategia cinese contro la pandemia come ricerca della massima tutela delle persone. Baggianate che si sono rivelate tali quando è arrivato il liberi tutti di qualche giorno fa, che ha messo in ginocchio il sistema sanitario e la salute delle persone. Il governo cinese ha i suoi obiettivi ed è disposto a plasmare la vita di 1,4 miliardi di persone a tale scopo. Uiguri inclusi.

In Russia la dittatura di Putin che silenzia l’opinione pubblica sulla guerra

Pure la Russia non si fa mancare nulla in termini di mania del controllo. Senza risalire alle uccisioni mirate di dissidenti che risalgono a molti anni fa, come quella di Anna Politkovskaja, le leggi sulla censura approvate a partire dal 24 febbraio sono emblematiche. La dittatura russa non può tollerare che qualcuno metta in dubbio la legittimità dell’invasione dell’Ucraina. Ma non solo, è diventato illegale anche solo definirla invasione. Perché il regime adotta una neo-lingua, ecco che torna Orwell, e impone a tutti di chiamarla “operazione speciale” di “denazificazione”.

Già in primavera la situazione era questa: fino a 15 anni di pena per i giornalisti, testate chiuse e il controllo del Roskomnadzor, un organo che svolge le funzioni dell’orwelliano Ministero della Verità, sulle informazioni. Da tempo anche i social network sono stati oscurati. L’informazione è centralizzata nella tv di stato che fa passare messaggi, diciamo, discutibili considerando che definiscono tutto ciò che non conferma Putin una “fake news”. E così, si auspica l’annegamento dei bambini ucraini e lo stupro delle donne anziane. Ma non solo, in rete si possono trovare decine di video di civili russi che, drogati dalla propaganda, sono orripilati dai governi occidentali che starebbero facendo morire di freddo i propri cittadini al solo fine di difendere “l’Ucraina nazista”.

Farneticazioni, certo. Ma sono una parte fondamentale del controllo che Putin deve esercitare sulla popolazione per legittimare le proprie scelte, incluse le mobilitazioni di centinaia di migliaia di giovani mandati al macello. Vale tutto e non vale nulla, tanto decide lo zar del KGB. Il controllo è totale. E, anche in questo caso, è difficile non rivolgere la mente a quando alcuni politici occidentali, italiani inclusi, dipingevano Putin come un forte condottiero, amato dal popolo e difensore degli interessi russi. Troppa l’ammirazione per la “Grande Madre Russia”.

La polizia morale dell’Iran che reprime le manifestazioni

L’Iran, unica teocrazia sciita al momento, non è certo un paradiso delle libertà. I mullah hanno costretto quasi 90 milioni di persone a vivere secondo la propria interpretazione della religione, impedendo qualsiasi espressione individuale. Sarebbe stato troppo pericoloso ammettere che uomini e donne possano realizzarsi in modi diversi da quelli propalati dai predicatori. Sarebbe stato come ammettere una superiorità intrinseca del modello liberale e democratico occidentale.

Così per anni la polizia morale, nome drammaticamente simile alla psicopolizia di 1984, ha vigilato su ogni aspetto della vita dei sudditi, perché da tali vengono trattati, iraniani. Poi il caso di Masha Amini ha cambiato tutto ed è iniziata la rivoluzione. Le donne e i giovani non sono più disposti a rinunciare alla propria autodeterminazione. Non vogliono essere sotto il giogo del controllo totalitario. Dopo mesi di manifestazioni, il governo ha finto una concessione: l’abolizione della polizia morale. Invero, nulla è cambiato. I manifestanti uccisi e condannati a morte sono aumentati. Khamenei, ieri, ha nominato il generale di brigata Ahmad Reza Radan come comandante in capo delle forze di polizia della Repubblica islamica. Perché ha liquidato Hossein Ashtari? Per non aver represso ancor più brutalmente quella che ormai è una rivoluzione.

Anche in questo caso è difficile non tornare a quando nei Musei Capitolini venivano coperte le nudità delle statue esposte o quando c’era il leader di un partito a cinque stelle che lo prendeva a modello virtuoso. Così anche nell’accademia, soprattutto italiana, è accaduto. In nome dell’odio verso l’Occidente. Allora noi abbiamo il dovere di riflettere su queste dinamiche lontane ma vicine. Chi vive in Russia e Iran si batte, anche a costo della vita, per godere dei diritti e delle libertà che noi diamo per scontate. In Cina protestano per le assurde politiche anti-Covid. Eppure, c’è una fetta di classe dirigente e popolazione che ammira, ho quantomeno ha ammirato, quei regimi liberticidi e oscurantisti. La libertà e la democrazia non hanno prezzo, vanno difese con le unghie e con i denti.