I piccoli comuni, il Nord e la riforma del codice degli appalti

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I piccoli comuni, il Nord e la riforma del codice degli appalti

I piccoli comuni, il Nord e la riforma del codice degli appalti

19 Agosto 2022

Nei piccoli comuni italiani sotto i 20mila abitanti si concentra il 41% delle imprese italiane. Soprattutto nel Nordest. Il 64% in Trentino, il 62% in Friuli, il 56% in Veneto, il 47% in Piemonte e Lombardia. Nei comuni sotto i centomila abitanti si concentra il 71% delle imprese e si produce il 66% del Pil nazionale. Su 825 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto da tutte le aziende private del nostro Paese, 541 miliardi sono generati nei Comuni più piccoli e 283 in quelli più grandi.

Nel manifatturiero, i piccoli comuni sotto i 20mila abitanti hanno il 54% delle imprese industriali, il 56% degli addetti e producono il 54% del Pil. Sono dati che fanno riflettere quelli prodotti dalla Cgia di Mestre. Danno uno spaccato originale del sistema produttivo italiano e di come si forma la ricchezza nel nostro Paese. Così acquista più significato anche l’espressione “L’Italia dei mille campanili”.

Nelle province del Nord c’è dinamismo imprenditoriale, voglia di crescere. Le aziende accendono le luci ma lo Stato purtroppo molto spesso fa ombra. Pnrr, fondi e programmi europei sono grandissime opportunità per liberare la energia dei ceti produttivi e però in tanti piccoli comuni c’è un problema di accesso ai finanziamenti. Le amministrazioni più piccole hanno poche risorse umane e molte difficoltà a usufruire dei fondi.

Il Pnrr sembra favorire i centri metropolitani con apparati amministrativi più estesi. Il nuovo governo che uscirà dal voto del 25 settembre ha quindi un compito importante. Proseguire sulla strada dei provvedimenti, dal Dl Aiuti Bis ai fondi territoriali, che hanno incrementato le risorse economiche per i piccoli comuni soprattutto in fase progettuale. Si può ancora rafforzare il sostegno tecnico e dare più competenze adeguate.

Poi va riformato il Codice degli appalti, una delle riforme sostanziali che ci chiede l’Europa. Il Codice degli appalti è un magma di norme che bloccano la capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche. Va semplificato e data più certezza delle regole. Cambiarlo però non è facile perché. L’intento di semplificare è nobile ma aggiungendo nuove norme si rischia comunque di alimentare l’incertezza. La strada privilegiata dovrebbe essere rifarsi alle direttive europee, il “copy out”, e poi personalizzare le norme sul ‘caso’ italiano. Hanno fatto così Germania, Polonia e Gran Bretagna.

C’è da intervenire sulla cosiddetta ‘burocrazia difensiva’, sulla responsabilità erariale e su norme come l’abuso di ufficio che vincolano la libertà di scelta dei decisori pubblici alla paura di finire nel mirino della magistratura. Il timore di decidere rallenta le opere e blocca tutto, ma così siamo perfettamente agli antipodi di quello che servirebbe ai piccoli comuni per sfruttare il Pnrr. I primi mesi del nuovo governo saranno importantissimi.

La decretazione di urgenza può servire a sbloccare i cantieri e a riformare il Codice. Per spendere fino all’ultimo centesimo i soldi del Recovery che stanno arrivando. In questo modo si metterà il sistema in sicurezza, dando alle forze che trainano la crescita economica nelle province settentrionali più opportunità di correre.