
La calda estate della politica italiana

29 Luglio 2024
E’ una estate calda per la politica italiana. La destra, uscita rafforzata dalle Europee, vive una fase di fibrillazione nei rapporti con l’Unione. L’ultimo caso di queste ore è relativo ai rilievi di un report europeo sul rispetto dello stato di diritto in Italia. Un’accusa pesante, che mette insieme in un’unica marmellata libertà di stampa, tv pubblica e persino la riforma del premierato. La premier ha risposto a muso duro, ma il giudizio su una tematica così sensibile rappresenta un segnale sul rapporto con l’Unione tutto da ridefinire in uno scenario inedito in cui il Paese si ritrova all’opposizione. Con i tre partiti della coalizione che hanno assunto nei confronti del nuovo “vecchio ordine” europeo posizioni differenti.
Tajani continua il suo percorso per fare di Forza Italia il volto moderato, persino “accettabile” dal “popolo di mezzo” che non si lascia incantare dagli estremismi speculari di Meloni e Schlein; nonché per rispondere ai segnali che arrivano dagli eredi di Berlusconi che forse non ci stanno più ad identificare il loro sistema economico con una parte politica; Salvini prosegue il suo progetto di estremizzare sempre più la Lega (a partite dall’abbraccio con Vannacci) per occupare uno spazio politico di elettori di destra, più o meno estrema, salita sulle barricate per essere “contro tutto e tutti”. A prescindere.
La nascita in Europa dei “patrioti” è la conferma di una mutazione antropologica di un partito territoriale (che poi ha fallito il progetto del partito nazionale) in cui non si sa fino a quando potranno trovare rifugio gli imprenditori del Nord che con l’Europa, tra un borbottio e un altro, fanno affari. Infine c’è lei, Giorgia. La stampa che non l’ama segnala un appannamento del suo charme. Giudizio prematuro. Soprattutto in Europa: l’accusa? Avere messo di traverso l’Italia rispetto agli equilibri europei, con la von der Leyen che lancia l’allarme: “La nostra democrazia è sotto attacco, sia dall’interno che dall’esterno”.
A chi si riferisce la riconfermata presidente della Commissione? Agli estremisti del raggruppamento dei patrioti, a partire dal tour di Orban, in qualità di presidente di turno dell’Ue, in Russia e Cina, completamente al di fuori della linea europea. E poi, probabilmente, a Salvini, alla Le Pen, ai sovranisti di ogni solfa. Improbabile che nella “cortina nera” abbia inteso inserire la Meloni: per il peso politico dell’Italia, paese fondatore e terza economia europea e per i rapporti empatici che tra le due leader erano emersi negli ultimi mesi. Ma in politica estera errori o “sgarbi” hanno un peso.
La Meloni non se l’è sentita di riavvicinare il suo partito verso l’area centrista, in direzione del Partito Popolare. Una trasformazione che contribuirebbe ad eliminare vecchie scorie del passato e porrebbe i conservatori italiani compiutamente nell’area della destra democratica e liberale. Un’occasione persa? Sì, no, forse. La Meloni di governo, con la posizione assunta dopo la guerra unilaterale della Russia all’Ucraina, aveva rafforzato il suo appeal in Europa. Con la gestione della governance europea sembra avere compiuto un repentino dietrofront. Un passo in avanti e due indietro.
Improbabile, nell’immediato, che il risvolto internazionale abbia un riflesso in quello interno. Le frizioni tra Salvini e Tajani però sono il segnale di una guerra di posizione. Incombono gli scogli dell’eventuale referendum contro l’autonomia differenziata, con il Sud sulle barricate e Forza Italia che fa intendere di non gradire forzature e con il voto in arrivo in tre regioni (Liguria, Umbria e Emilia Romagna) dall’esito per la destra per lo meno problematico.