L’Italia premia Gohar, l’iraniana di 80 anni che non si piega ai mullah

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L’Italia premia Gohar, l’iraniana di 80 anni che non si piega ai mullah

L’Italia premia Gohar, l’iraniana di 80 anni che non si piega ai mullah

11 Gennaio 2023

Sfidare, apertamente, senza paura, il regime teocratico, oscurantista, misogino degli ayatollah. Gohar Eshghi è la iraniana di 80 anni che si è ribellata ai mullah. Contro il potere violento di un regime sanguinario, che non riconosce la cultura della vita. Nelle prossime ore Gohar riceverà il Premio “Valore Coraggio” in Campidoglio dal Ministro delle Riforme, Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Il premio, promosso dalla Fondazione Italia sostenibile, è una scultura naturale di travertino fossile. Rappresenta la forza e l’indistruttibilità del gesto di coraggio. L’iraniana di 80 anni riceverà il premio nelle mani di Parisa Nazari, attivista iraniana che vive a Roma e tiene i contatti con le militanti del suo paese. Gohar era la madre del blogger Sattar Beheshti, ucciso in carcere nel 2012 senza che la famiglia abbia mai ricevuto una spiegazione sull’accaduto.

A Gohar hanno ammazzato il figlio

Il blogger era stato arrestato dall’unità iraniana della polizia informatica perché attaccava il regime per il trattamento dei detenuti nelle carceri. Sattar smascherava quel concentrato di minacce, torture, sparizioni, uccisioni misteriose, che oggi è il regime islamico dell’Iran. Gohar non ha mai accettato la morte del figlio. Ha continuato a protestare. Nel 2021 è stata aggredita e malmenata da sconosciuti mentre andava a visitare la tomba di suo figlio.

E’ stata arrestata, assieme alla figlia, per 72 ore, affinché entrambe non prendessero parte a una cerimonia pubblica per la morte del ragazzo. A ottobre, l’iraniana di 80 anni ha deciso di diventare il simbolo della resistenza. La resistenza agli islamofascisti che ogni giorno, da anni, mostrano la loro forza crudele, tra arresti, condanne a morte ed esecuzioni capitali. Gohar si è fatta filmare mentre si scopriva i lunghi capelli grigi.

L’iraniana di 80 anni che si è tolta l’hijab

Gohar ha messo via l’hijab: un gesto ritenuto non solo provocatorio ma pure blasfemo nell’Iran degli ayatollah. L’ha fatto, seduta sul tappeto di casa, stringendo al petto la fotografia del figlio assassinato dal regime. Il video è diventato virale, nonostante la censura governativa. Il filmato è stato rilasciato dalla Bbc in lingua farsi. “Per i nostri giovani, dopo 80 anni, a causa di una religione che sta uccidendo le persone, mi tolgo il mio hijab. Maledico i codardi. Se mi ascoltate, scendete nelle strade. Siete codardi se non lo fate”. Le parole di Gohar davanti alla videocamera.

Prima della morte di Mahsa Amini, Gohar è diventata un simbolo della resistenza iraniana. Gohar ha inviato un videomessaggio agli organizzatori del premio in Campidoglio. Il contributo filmato è arrivato tra mille difficoltà. La donna vive costantemente controllata in una regione dove la connessione internet è complicata. Nel video si vede la donna, seduta per terra, senza velo mentre tiene tra le gambe la foto di suo figlio, Sattar.

“Il regime iraniano ha preso in ostaggio il popolo, vi chiedo di dichiararlo al mondo. Più volte ho mandato messaggi ad Alì Khamenei, gli ho detto: ‘Devi smetterla di uccidere i figli di questa Patria, devi avere paura della rabbia della gente. Un giorno tutta la rabbia che avete creato rovescerà il regime’”, dice nel videomessaggio.
“Figli miei – continua – vi parlo di un regime che arresta, tortura e uccide i figli di questo paese e lo fa in nome del Corano. Non è giusto. Sono passati 11 anni da quando hanno ucciso mio figlio, il mio Sattar, e il dolore è ancora forte”.

La condizione delle donne in Iran

“Non posso sopportare di vedere altre madri che soffrono la perdita di un figlio. Ho deciso di sfidare questo regime e loro ci hanno fatto tanto male. Hanno fatto irruzione a casa mia e hanno portato via tutta la mia famiglia per un interrogatorio. Non si sono fermati neppure davanti a bambini di nemmeno 10 anni. Sono senza scrupoli, mi hanno spinta per strada facendomi cadere e poi hanno detto che raccontavo falsità”.

Gohar avrebbe voluto creare una fondazione a nome di suo figlio. Per 4 anni, il regime gli ha negato l’autorizzazione. Alla fine, è riuscita ad aprirla grazie a un altro dei suoi figli, negli Stati Uniti. Ma le è stato intimato di prendere le distanze dalla fondazione che aveva aperto. Come Gohar, sono le donne, vessate dal regime iraniano, a provare ad abbattere l’apartheid di genere.

Il simbolo della loro lotta è, appunto, il velo, che imposto dai mullah rappresenta una privazione dei diritti delle donne. In Iran le donne non godono di pieni diritti civili. Il loro voto vale legalmente la metà. Non hanno diritto ad avere il passaporto e a viaggiare senza un tutore maschio. Fino alla repressione e alle violenze alle quali stiamo assistendo da mesi. Ma la violenza di genere, dall’Iran all’Afghanistan, non smuove abbastanza le coscienze dei benpensanti occidentali.

Bene, allora, che le autorità italiane alzino la voce contro il regime iraniano. Siamo indignati davanti alla repressione e alle esecuzioni in Iran, ha detto oggi Mattarella.