Meloni sfonda, Schlein affonda

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Meloni sfonda, Schlein affonda

Meloni sfonda, Schlein affonda

30 Maggio 2023

Se è vero che sono solo amministrative, in cui le variabili locali hanno una predominanza rispetto alle logiche nazionali, per l’esplosione di liste civiche difficilmente riconducibili allo schema di alleanze, è altresì evidente che l’esito, da Nord a Sud, del doppio turno delle amministrative indica una doppia variabile: la luna di miele “prolungata” tra centrodestra e l’elettorato (5 a 2 ai ballottaggi) e il rischio di strisciante “irrilevanza” delle forze di opposizione.

Il Paese ha intrapreso una nuova strada: dopo un decennio e più di governi dominati dal Pd, la stagione del doppio populismo – gialloverde e giallorosso- e poi la torsione tecnocratica del draghismo, l’opinione pubblica si è indirizzata verso una stagione all’insegna della destra di governo, e solo il tempo dimostrerà se ha inaugurato una nuova “fase”, contingente, oppure una reale “metamorfosi” del sistema politico per usare il metro di valutazione del sociologo Ulrik Beck.

Giorgia Meloni continua a piacere. E non è più sufficiente assolutizzare la variabile “donna e novità” per spiegare il consenso crescente. Le posizioni assunte in politica internazionale – dalla parte dell’Ucraina e dell’Occidente nella guerra nel cuore dell’Europa- la stabilità nella tenuta complessiva dei conti, un impatto in Europa meno “invasivo” di quanto si potesse prevedere, sono variabili che configurano una leadership in grado di porsi al centro dello schieramento conservatore e liberale in Europa. E’ prematuro, disegnarne un futuro alla Merkel o alla lady di ferro, Margaret Thatcher, ma non mancano i segnali in quella direzione.

Poi, certo, sulla luna di miele tra la premier e il Paese incombono non pochi problemi: dall’attuazione del Pnrr, alle politiche di “stop-and-go” sull’emigrazione, dalle materie turbolenti dell’autonomia differenziata e delle proposte costituzionali alle politiche di sostegno ai ceti meno abbienti che potrebbero “impaurirsi” per la sostanziale neutralizzazione del reddito di cittadinanza. L’anno prossimo, con le Europee, potrebbe continuare il ciclo favorevole alla destra e forse, in presenza di una alleanza tra popolari e conservatori, decretare la nuova leadership europea della Meloni.

Ma una democrazia vive del confronto tra governo e opposizione. E su questo versante la sinistra sembra vivere sul Titanic. Il Pd ha perso il treno della connessione con la società sia nella versione riformista, gestione Letta, sia con quella vecchio stile della Schlein. Dinanzi a fenomeni di questa rilevanza, forse è il caso che la sinistra si ponga interrogativi di più vasta portata, che non sia quello consolatorio, come emerge delle prime dichiarazioni della neo segreteria sulla sconfitta per la persistente divisione delle opposizioni.

Tra Pd, M5S e Terzo polo le divergenze sono superiori alle affinità. Conte non ci sta a farsi fagocitate dal Pd spostato a sinistra; il Terzo polo oscilla tra i due poli, e la Schlein, spostando l’asse del partito verso la sinistra-sinistra forse riuscirà a fare il pieno di quell’area ma non sembra essere in grado di attirare un elettorato moderato. Il resto lo fa opposizione culturale e mediatica che esalta qualche dichiarazione dal sen fuggita di esponenti di destra, l’accusa di occupazione della Rai, creando un anacronistico martirologio, oppure alimenta una “guerra” tra politica e magistratura contabile. Per non parlare della ricetta buona per tutte le stagioni: l’antifascismo come una coperta corta per coprire le proprie debolezze.

La sinistra evapora? È prematuro affermarlo e non sarebbe nemmeno salutare per la tenuta del sistema. Ma che debba incominciare ad interrogarsi sulla sua interpretazione del mondo, in una fase in cui si avvertono i semi ambigui (se non velenosi) della globalizzazione – che disegna una scenario tra “chi sta sopra” e “chi sta sotto” – appare evidente. Per opera dell’”dell’astuzia della Ragione”, di cui parlava Hegel, la sinistra appare ormai il porto sicuro dei ceti progressivi e affluenti, alla destra invece è riuscito il capolavoro di porsi dalla parte degli sconfitti della globalizzazione. Il vecchio schema novecentesco è saltato e a sinistra “non lo hanno visto arrivare”.