Micromega imbarca anche un vescovo fra gli antiberlusconiani
30 Gennaio 2011
Ha fatto subito ‘notizia’ la presenza di alcune dichiarazioni (poiché non sono, né credo volessero essere, riflessione ragionata) del vescovo emerito di Caserta, Monsignor Raffaele Nogaro, sul primo numero di Micromega di quest’anno. Nogaro è un sant’uomo ed è un vescovo della chiesa cattolica, un mio vescovo; come tale suscita in me una spontanea reverentia. Ma il problema, ed anzi l’esemplarità negativa del fatto (un vescovo nella barca non di Pietro ma di Flores d’Arcais), nasce appunto da questo, ch’egli metta la sua figura autorevole e consacrata a servizio ‘oggettivamente’ (si diceva un tempo, quando l’ideologia spregiava la intenzionalità dell’attore), di una machine politica che è intenzionalmente una macchina del fango verso chiunque si pari davanti all’intelligencija.
Tutti sanno che l’obiettivo della macchina di Micromega è anzitutto, quali ne siano i bersagli contingenti, il cristianesimo, nelle spocchiose battaglie ateistiche del suo direttore; in subordine, la chiesa cattolica italiana o i pontefici. Così Monsignor Nogaro, non casualmente posto in testa alla serie di contributi del fascicolo, immediatamente dopo il saggio del padrone, ‘benedice’ una macchina di guerra; senza neppure mostrare di intendere (contrariamente agli uomini di chiesa che hanno nei secoli benedetto armi e armate, con coraggio e drammatica onestà) la portata del suo dire e concedersi.
Cosa ha scritto Monsignor Raffaele, cosa non può non aver scritto? Che i ‘poveri credenti’ che attendono di essere "protetti ed educati" nel cammino della salvezza, si sentono abbandonati dalla Chiesa. Infatti (ma i connettivi logici mancano), mentre il "tutto è lecito" è il valore dell’oggi, la Chiesa, che – accettata o meno – sussiste con i suoi doveri tra gli uomini ed è per essenza il "potere esplosivo e rigeneratore della società", "tace e talora si compiace del qualunquismo imperante".
La prova? Monsignor Fisichella (alluso se non menzionato) che "contestualizza" e assolve la bestemmia. Dunque anche la Chiesa sottoscrive come le "autorità civili" siano "una pratica delle virtù più moderna e liberatoria", detto ironicamente; e questo avviene infine per "comperare i favori" di un gruppo politico. Rendo più consequenziale un argomento che, in Nogaro, sterza meno appropriatamente sulla Lega (partito "pagano", magari, ma non consentaneo agli stili del premier).
Difficile alterare in così pochi, brevi, capoversi i fatti. I Pontefici e la Chiesa, quella italiana in particolare, non hanno mai cessato di colpire il "tutto è lecito", da decenni davvero lontani; un vescovo emerito, che ha una lunga vita di predicazione (sua propria e dei suoi preti) alle spalle, lo sa bene. Il consenso, anzi l’invito, ad una pratica "liberatoria" delle virtù cristiane ha, semmai, riempito scaffali di teologia morale e di saggistica cattolica progressista; ed era prodotta da quegli stessi intellettuali teologi che oggi, ma non da oggi, si schierano contro il premier.
A quella folle convergenza con le ‘liberazioni’ degli anni ’60-’70, e con le più recenti liberazioni (bio)etiche, proprio la gerarchia, e clero e laicato responsabili, hanno fatto opposizione. Ed esempio e istanza, universalmente proclamata, del "potere esplosivo e rigeneratore della Chiesa" è stato anzitutto, nell’intero arco della sua vita, Giovanni Paolo II. Pontefice cui la rivista che ospita Nogaro ha sempre dedicato la sua avversione e, spesso, disprezzo (confermati anche dalle pagine di qualche prete).
Lo scenario omiletico, che si vorrebbe pensare ‘innocente’ almeno per candore, costruito dal Vescovo Nogaro per colpire ora la chiesa italiana (di cui è parte) è, dunque, fuorviante. Va detto per rispetto a lui stesso. D’altronde, non è coerente con questa enfasi, con questa poca avvedutezza (anche teologica) di giudizio, l’affermazione del Vescovo, che leggo da qualche parte, essere Nichi Vendola "un nuovo San Francesco", qualcosa come un profeta cristiano? Ma via…
Attraversiamo una congiuntura avversa al rapporto fiduciario tra chiesa italiana e governi di centrodestra, rapporto fondato sulla comune preoccupazione per la salvaguardia degli istituti sociali fondamentali, e dei principi antropologici (l’antropologia cristiana base di ogni affermazione di dignità), negli ordinamenti. Tale congiuntura avversa, abilmente indotta dai nemici di quei fondamenti e dei loro portatori (i cattolici) prima ancora che di quell’alleanza, impone alla Chiesa italiana un difficile giudizio, in queste settimane: più complesso tecnicamente, direi, che politicamente, dovendosi distinguere tra le condotte private, comunque da accertare, e loro possibili ricadute, e gli interessi collettivi e pubblici da salvaguardare perché della massima importanza. Niente si è rotto nella rilevanza e serietà di quel patto; qualcosa nella fiducia tra persone, tra attori. Un classico caso teologico-morale, che solo l’indebolimento della tradizione casistica sembra rendere indecifrabile, oggi, e suscettibile di risposte improprie. Come quelle – mi sia concesso – di Monsignor Nogaro.
Infatti: a. gli argomenti di una Chiesa "egoista e indifferente", "rifugio di privilegiati", non hanno alcuna pertinenza con quanto è in gioco; sono spunti predicatòri che hanno nell’aula di Micromega la peggiore risonanza (nemici, veri nemici Monsignore, che ne ridono, perché sanno come usarli, e li usano già a loro vantaggio); b. l’argomento: "buona parte del nostro popolo pensa" (che il governo assecondi corruzione e malcostume), quindi "la Chiesa non può tenere rapporti" ecc., rappresenta un uso affrettato dell’adagio vox populi; perché quel giudizio ‘popolare’, tutt’altro che certo, è comunque subalterno, anche nel "nostro popolo", ai costruttori di opinione pubblica anticattolica.
La posizione della Chiesa italiana, protettrice ed educatrice degli uomini "nel cammino della vita e della salvezza", secondo la bella formula del Vescovo, sarà allora opposta a quella adottata dal Monsignore: educherà i ‘poveri credenti’ a discernere ragionatamente fatti, ragioni, uomini, entro il magma di una lotta senza quartiere; proteggerà il ‘popolo’, e tutti sono il "suo popolo", da quanti ne vogliono fare strumento eversivo, roba da piazza, contro un ordine politico non meno che contro il restante (e ancora forte) ordine di verità umana. E questo è, a mio avviso, il senso delle parole del Cardinal Bagnasco.
Tale magistero di protezione e educazione alla salvezza non lo si esercita dalle pagine di Micromega; non se ne dovrebbe essere neppure tentati. Subìta la tentazione, si merita il titolo, aberrante (Il vero cristiano è antiberlusconiano), e non si può impedire che il padrone ci faccia dire (mentre non lo si è detto): "Da un lato c’è la Chiesa di Ruini e di Ratzinger, prona al potere berlusconiano. Dall’altro c’è la Chiesa di Cristo (…)", come suona la sintesi redazionale che precede il testo del Vescovo.
Ripeto quanto scrivevo in questi giorni: si chiede, anche da parte di una minoranza effervescente di preti, che la Chiesa assuma su di sé l’istituto della "ghigliottina politica", il corto circuito tra fòro esterno e forum animae, contro la razionalità che canonisti e teologi, tribunali e confessori, hanno praticato nei secoli e praticano. Tale corto circuito trasformerebbe la Chiesa in uno strumento aggiuntivo della mobilitazione dell’intelligencija di opposizione; anzi in una parte dell’intelligencija stessa. Non pensavo ad una conferma così pronta, né la desideravo.