Milano deve puntare su Inter e Milan per migliorare il look e l’economia

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Milano deve puntare su Inter e Milan per migliorare il look e l’economia

13 Settembre 2009

Il gioco del calcio è nelle società occidentali contemporanee innanzi tutto aggregazione. Secondo alcuni antropologi il tifo calcistico è fondamentale per sublimare le pulsioni aggressive così ben radicate nella nostra natura e così alimentate dal nostro disordinato mondo. Il football, poi, guida il decollo di importanti attività economiche: senza questo sport la tv commerciale non avrebbe raggiunto gli attuali livelli, Sky non avrebbe mai potuto affermarsi in Italia. Ed è anche elemento distintivo per l’immagine delle città, strumento importante per il cosiddetto marketing urbano: senza “pallone” la tenuta e il rilancio di centri come Manchester e Liverpool sarebbero stati assai diversi. Ed è anche elemento importante nella definizione della forma della città. La presenza di uno stadio qualifica e guida la trasformazione di grandi aree urbane.

E’ questo quadro che va tenuto presente riflettendo sulle sorti di due grandi squadre italiane come il Milan e l’Inter. La compagine nerazzurra è oggi la più forte del campionato. Eppure dopo la cessione di Zlatan Ibrahimovic, ha fatto un passo indietro rispetto alle squadre protagoniste della Champions league, dalle spagnole alle inglesi. Il fatto di non riuscire a puntare su nuovi campioni ma solo su fuoriclasse abbandonati da grandi club, come il Barcellona con E’to e Tiago Motta, o il Bayern nel caso di Lucio, pone qualche problema.

E se l’Inter non ride, ben più seria è la condizione del Milan che si è separato dalla sua stella principale, Riccardino Kakà, e conta su una squadra nel complesso vecchia, compreso (nella testa) Ronaldinho.

Lasciando ai tifosi di interessarsi delle sorti del campionato e della Champions, tocca a chi riflette più in generale sui processi che investono il capoluogo lombardo, preoccuparsi di quanto un certo declassamento internazionale nel campo del calcio possa pesare sulle sorti meneghine.

Si corre il rischio di indebolire l’immagine di formidabili ambasciatori della immagine della città d’Ambrogio (e di converso della nazione italiana) che le squadre cittadine avevano in tutto il mondo. Qui si ragiona, visto il carattere della rubrica “Vento del Nord”, di Milano ma naturalmente il discorso vale anche per Roma, Napoli e così via. Il punto da cui partire è che non si può più contare solo sulla disponibilità di grandi mecenati anche perché in troppi casi questi tengono famiglia ed esuarito un ciclo, scontano una crisi.

Si tratta invece di riflettere sull’esperienza delle realtà spagnole e inglesi, studiare le forme di business integrali, di stadi come macchine di profitto che consentano una razionalità nella gestione delle squadre di calcio. Si tratta di studiare se puntare su fondazioni cittadine che per la loro mancanza di finalità di profitto (con le forme annesse di democrazia calcistica che contraddistinguono Barcellona e Real Madrid) possano puntare anche su tipi di tassazione più competitivi con quelli europei. O se val pena di pensare a realtà mutlinazionali come quelle che si stanno affermando nel calcio inglese, che sfruttando grandi “marchi” attirano ingenti capitali.

Insomma, si tratta di trovare soluzioni sistemiche non più solo pezze anno per anno. E si tratta di farlo in fretta anche perché la questione “stadi” andrebbe coordinata con le trasformazioni che sta per intraprendere Milano. Un grande stadio dell’Inter a Rogoredo, nel sud della città, completerebbe l’operazione “città della giustizia” (lo spostamento del Palazzo di Giustizia e del carcere di San Vittore), rendendo più economico il sistema di mobilità sfruttato anche alla domenica, aiutando così a dare un po’ di respiro alle grandi banche coinvolte nelle tragiche vicende immobiliari di Luigi Zunino.

Un grande stadio Milan presso il sito dell’Expo completerebbe, invece, le operazioni urbanistiche in corso per l’esposizione del 2015, offrendo anche l’occasione di una nuova struttura per concerti di musica di tutti i tipi all’aperto. Spettacoli così non sono, infatti, più accolti con favore in quel di San Siro.