
UE, dove sbaglia la Commissione sull’Assegno unico

27 Luglio 2024
L’Italia è stata deferita dalla Commissione Europea alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per la normativa sull’assegno unico per i figli, ritenuta discriminatoria. Secondo la Commissione, il provvedimento attuale viola i diritti dei lavoratori non residenti in Italia da almeno due anni o con figli non residenti nel Paese, contravvenendo a due Regolamenti europei, UE n. 492/2011 sulla libera circolazione e CE n. 883/2004 sul diritto di accesso alle prestazioni sociali.
Natale Forlani, presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e già segretario confederale della Cisl, intervistato da Sussidiario.net, evidenzia come la ratio della norma sull’assegno unico mira a prevenire comportamenti opportunistici. “L’errore della Commissione UE, a mio avviso, è quello di non ponderare in modo ragionevole l’interpretazione di questi diritti”, spiega Forlani che sottolinea come sia “sostanzialmente impraticabile l’applicazione dei requisiti Isee di reddito e patrimonio previsti dalla normativa italiana per accedere all’assegno unico nei Paesi di origine per l’assenza di sistemi analoghi amministrativi ovvero comparabili alle condizioni economiche dei Paesi sviluppati”.
Tuttavia, riconosce che se la Corte di giustizia dovesse giudicare inadeguata la norma, l’intero sistema dell’assegno unico potrebbe essere messo in discussione. La Commissione Europea insiste sul fatto che l’accesso equo alle prestazioni sociali senza condizioni di residenza è un principio chiave della libera circolazione all’interno dell’UE. Questo principio è stato già utilizzato in passato per sanzionare l’Italia riguardo agli assegni familiari per i figli di immigrati residenti nei Paesi d’origine.
La sostenibilità economica dell’assegno unico è un altro punto critico. Se la normativa dovesse essere modificata per conformarsi alle richieste della Commissione UE, l’Italia potrebbe trovarsi di fronte a spese impreviste e difficili da gestire. “Stimare l’impatto economico della misura diventerebbe impraticabile,” avverte Forlani, “mettendo a rischio la credibilità dei bilanci pubblici italiani”. Inoltre, l’interpretazione della Commissione potrebbe favorire comportamenti opportunistici, con vantaggi sproporzionati per i figli residenti nei Paesi d’origine. La mancanza di anagrafi affidabili in molti di questi Paesi complicherebbe ulteriormente la situazione.
In attesa della decisione della Corte di giustizia, il dibattito rimane acceso. La posta in gioco non è solo la conformità dell’Italia alle normative europee, ma anche la sostenibilità di una misura di welfare fondamentale per molte famiglie italiane.