Weigel spalanca le porte della Chiesa ai non credenti
27 Luglio 2008
Il primo capitolo del libro si apre con una citazione di Evelyn Waugh, il grande convertito inglese che torna molto spesso nelle opere
I temi controversi di cui parla Weigel non appaiono il frutto di convinzioni obsolete, quanto l’espressione di quell’amore della Chiesa per l’uomo, del rispetto della sua inalienabile dignità ed il precipitato di una saggezza antica, frutto della consuetudine con le anime e le aspirazioni profonde che giacciono nel cuore degli uomini.
Ecco, allora, le dieci questiono intorno alle quali il politologo di Washington costruisce il suo libro, a partire dal primo capitolo; si tratta di questioni fondamentali: Gesù è l’unico salvatore? La storia dell’uomo è la storia della salvezza. La storia di un Dio che si è piegato sull’umanità, mandando il suo figlio affinché liberasse l’uomo dalla paura del peccato e della morte. La fede in Dio ci sminuisce? Questo Dio, risponde Weigel, non ci priva della nostra libertà in cambio della salvezza, non è intervenuto nella storia del mondo per darci una religione e una serie di precetti da seguire. La verità che il cattolicesimo afferma è che al cuore della fede cattolica c’è al contrario un Dio che ama profondamente l’uomo; l’amore di un Dio che si è posto alla ricerca dell’uomo.
Un tema ricorrente nell’opera
Ed ancora: dove possiamo trovare il mondo reale? Il capitolo spiega il senso della Liturgia, mostrando come l’azione liturgica non sia una mera prassi umana, ma un’azione intrapresa da Dio cui l’uomo prende parte. Un’intera sezione è inoltre dedicata allo scottante argomento dell’ordinazione sacerdotale femminile. Weigel fa vedere come la scelta della Chiesa di ordinare solo maschi apparirebbe sessista se il sacerdote fosse inteso come un funzionario che svolge determinate funzioni, ma se la figura sacerdotale è intesa come un’icona, allora le cose appaiono in maniera totalmente diversa. Il sacerdote è pienamente tale durante l’eucaristia. In quel momento egli agisce come icona di Cristo che si dona alla sua sposa,
In un altro capitolo si domanda: come dovremmo vivere? Le norme morali non servono a imprigionare l’uomo ma a liberarlo. Libertà non vuol dire fare quello che si vuole, ma acquisire delle regole che ci consentono di agire in libertà. Weigel spiega questa apparente contraddizione con due esempi: l’apprendimento di una lingua straniera o quello di uno strumento musicale. Parlare una lingua straniera non vuol dire produrre suoni senza senso ma interiorizzare delle regole (sintassi, grammatica, ecc.); possiamo essere davvero liberi di parlare una lingua che non conosciamo? Ed allora, come dovremmo amare? È questo il capitolo dedicato all’amore e alla sessualità. Riprendendo la teologia del corpo
Dall’amore al dolore il passo è breve, e quindi, ecco che giunge al capitolo VII la domanda: perché soffriamo? Il capitolo si sofferma su una delle questioni più spinose della teologia di tutti i tempi. Se Dio è buono perché permette
È a questo punto del prezioso volume
Nel IX capitolo il politologo dell’Ethics and Public Policy Centre si pone una delle domande che nella modernità hanno maggiormente condizionato il rapporto tra Chiesa-mondo, ovvero il rapporto tra la dottrina della Chiesa ed il comune sentire delle realtà politiche, economiche e generalmente culturali: il cattolicesimo garantisce la democrazia? Il cattolicesimo ha garantito la nascita della democrazia in molte aree del pianeta, tuttavia la Chiesa è convinta che la democrazia non sia una sorta di sostanza eticamente neutra, al contrario, ritiene che la sua funzione sia quella di garantire la libertà per eccellenza, quella che rispetta la dignità autentica dell’uomo. Ed allora, eccoci giunti alla domanda finale, quella con la quale l’autore chiude il libro: che cosa ne sarà di noi? L’uomo non è fatto per dissolversi nel nulla. Non siamo polvere cosmica, un agglomerato di cellule, ma siamo stati creati liberi per un destino di santità. Siamo stati creati per vivere per sempre liberi con Dio.