
Cronache marziane dal suicidio dell’Italia

14 Luglio 2022
Ieri sera mi è capitato di scorgere sul mio comodino un libro di aforismi di Ennio Flaiano. Stamattina mi sono ricordato, uscendo da casa, di un suo volume intitolato «Un Marziano a Roma e altre farse» e ho immaginato di essere il marziano a Roma. Ho provato cioè a osservare con gli occhi di un extraterrestre gli eventi di queste ore.
Ho visto un Paese scosso da una guerra, prostrato dalla crisi energetica e dall’inflazione, reduce da oltre due anni di pandemia, intento in uno sforzo di unità nazionale per salvarsi e possibilmente ripartire. Rischiare in questa situazione scenari di instabilità a causa delle vicende interne a un Movimento in crisi politica e di leadership mi è apparso cosa di un altro mondo.
Ho attraversato poi una città eterna maleodorante, sommersa di immondizia, popolata di cinghiali e pantegane, per giungere qui in Senato e trovare colleghi del suddetto Movimento fuori dall’Aula, metaforicamente, disposti a tutto pur di non votare la realizzazione di un termovalorizzatore che consentirebbe di smaltire rifiuti e produrre energia.
Ho udito il lamento di tante imprese, piene di debiti incagliati per via di un bonus escogitato contro ogni legge del mercato e dell’economia di base. Lamento a fronte del quale c’è chi vorrebbe perpetuare per legge l’accumulo di crediti virtuali invece di aiutare, prima di ogni altra cosa, un’intera filiera a smaltire quelli già immagazzinati.
Ho scorto poi, in ogni angolo del Paese, annunzi di aziende in cerca di personale e aspiranti datori di lavoro che questo lavoro non sanno a chi darlo, perché, tra le altre cose, si è preferito diseducare un’intera generazione con la paghetta di Stato. E mi sono sentito dire che quella paghetta non deve essere tolta nemmeno se chi la riceve rifiuta tutte le offerte di impiego che gli vengono proposte.
Ho sentito parlamentari di questa Repubblica, ho sentito leader che hanno ricoperto nel recente passato le massime responsabilità di Governo, dire che il voto di fiducia va disertato per timore di un autunno caldo. Come se non fosse proprio l’odierna intemerata a mettere a repentaglio tutti gli strumenti che questo Governo e questa maggioranza hanno per arginare l’impatto economico e sociale della riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e della produttività delle imprese: legge di bilancio, PNRR e percorso di riforme che ne è il presupposto. Stiamo parlando di misure essenziali per la tenuta dei conti, per il sostegno dei lavoratori e delle aziende, per gli investimenti e per la sostenibilità del debito.
A questo punto, signor Presidente, ho ripreso sembianze umane. A dire il vero avrei voluto fare un ulteriore esperimento e guardare gli avvenimenti nostrani dalla prospettiva anche di qualche entità straniera: da quella di Putin, ad esempio, che dopo aver assistito alla caduta di Boris Johnson vede oggi vacillare, immagino senza troppo dispiacere, il Governo che nell’Unione europea più ha tenuto dritta la barra della fermezza rispetto alle vicende ucraine.
Ma veniamo a noi, qui, oggi, alle prese con un dibattito che anche a uno sguardo umano, troppo umano, appare decisamente lunare.
Colleghi del MoVimento 5 Stelle, riferite al vostro leader che il favore delle tenebre che ha avvolto le decisioni di queste ore non impedirà agli italiani di scorgere con chiarezza i fatti e le loro potenziali conseguenze.
Oggi ricorre l’anniversario della presa della Bastiglia e al già premier Conte, che ricordiamo durante i suoi Governi, in tempi non distanti, appassionato di Stati generali, facciamo presente che giocare alla rivoluzione per coprire con i colpi di fucile l’inconsistenza politica può essere molto, molto pericoloso, soprattutto in un quadro internazionale come quello attuale e con un Paese in bilico tra speranze di ripresa economica e spettro della recessione.
Colleghi, di fronte a chi in questa legislatura ha governato con Governi di ogni foggia, e vedendo approssimarsi le elezioni vorrebbe tornare alle origini e convincerci che la politica è una schifezza, dobbiamo riaffermare con orgoglio che la politica è una risorsa. Che, in un momento così eccezionale, rappresenta la sola opportunità per confrontarsi con la guerra, con la crisi e con le conseguenze della pandemia, consentendo agli italiani di sperare nel futuro.
Alcune cose allora dobbiamo dircele, sapendo che, in un quadro di unità nazionale, a tutti tocca a volte ingoiare qualcosa di sgradito. Dobbiamo dircelo che l’Esecutivo di Mario Draghi, con tutti i limiti della sua formula, sulla pandemia ha garantito un’organizzazione efficiente dopo aver ereditato un disastro; ha portato a termine con il generale Figliuolo la campagna vaccinale; ha riaperto il Paese. Sulla guerra ha riaffermato per l’Italia un ruolo preminente nel concerto euro-atlantico. Sull’inflazione ha posto le basi – sperando che la giornata di oggi non le demolisca – affinché, fra taglio del cuneo fiscale e strumenti come il salario minimo, l’autunno possa essere un po’ meno caldo (e non mi riferisco alla carenza di gas).
In questo quadro, chi non considera la politica una risorsa privilegia la sola logica di parte a scapito addirittura delle proprie potenziali alleanze. Cosa che da avversari può anche non dispiacerci, tuttavia è avvilente che di fronte a situazioni di dissenso il primo pensiero non sia quello di candidarsi a governare credibilmente in maniera diversa ma assumere posizioni distruttive pur di racimolare qualche voto. Perché le posizioni distruttive, appunto, distruggono tutto.
Presidente, colleghi, questo è il momento della responsabilità. Ci permettiamo di fare un appello anche alla razionalità, che di certo appartiene a tanti esponenti di un movimento forse acefalo, non solo per garantire una maggioranza a questo Esecutivo nei numeri, ma per corrispondere alla natura di un Governo istituzionale.
Per noi questo Governo deve andare avanti. Votare non è un dramma, ma alla scadenza elettorale siamo sostanzialmente arrivati e, se ci si arriverà mandando il Paese a gambe per aria, rischiamo che il voto non sia il momento nel quale i cittadini possono attribuire la loro rappresentanza e quella rappresentanza governare, ma il presupposto perché la politica venga di nuovo commissariata e si debba di nuovo ricorrere a qualche riserva della Repubblica.
Chi oggi distrugge sappia che si assume la responsabilità di distruggere anche la fisiologia democratica per il prossimo futuro; e farlo in nome di una presunta “purezza” è persino surreale.
Noi, quelli della vecchia politica, abbiamo infatti sostenuto lealmente il Governo Draghi senza le cosiddette poltrone, pur avendo tutti i numeri per rivendicarle. In alcuni momenti, signor Presidente, signori del Governo, quella rappresentanza negata non ci ha particolarmente gratificati. Ma la politica è degna di questo nome se sa far convivere un’etica della convinzione con un’etica della responsabilità.
A proposito di convinzioni, mi rivolgo idealmente al presidente Draghi per dirgli con chiarezza: lei finora, in particolare in questi giorni, ha manifestato quali siano le sue convinzioni, anche su come ci si comporta in politica e all’interno delle istituzioni. Noi abbiamo condiviso le sue convinzioni. Questa però, presidente Draghi, è l’ora della responsabilità. Per tutti, anche per lei.
(l’intervento in Senato di Gaetano Quagliariello)