Dimissioni di Draghi: cronaca di una conferma annunciata

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Dimissioni di Draghi: cronaca di una conferma annunciata

Dimissioni di Draghi: cronaca di una conferma annunciata

19 Luglio 2022

Lo psicodramma politico, mediatico, bellico e di geopolitica causato dalle dimissioni del Primo Ministro Mario Draghi ha dato luogo a tutta una serie di analisi, di previsioni più o meno catastrofiste alle quali vorrei aggiungere, sommessamente, la mia.

L’impressione (la certezza) è che il Primo Ministro Mario Draghi possa e debba rimanere esattamente dov’è e cioè a capo del governo da lui presieduto.

La fiducia non votata dai 5 Stelle di Giuseppe Conte la scorsa settimana sulla conversione in legge del decreto aiuti ha carattere di personalistica permalosità ma risulta priva di qualunque strutturazione tecnico politica.

Il Governo Draghi una maggioranza ampia, molto ampia, sul suo provvedimento lo ha ottenuto sia alla Camera che al Senato e quindi l’astensione sul voto da parte dei 5 Stelle tecnicamente nulla aggiunge e nulla toglie alla solidità del Governo.

Sull’incompetenza elevata a sistema del Movimento 5 Stelle, sul suo pezzentismo strutturato sulla impreparazione giuridico amministrativae condito di un generico buonismo pauperistico privo di qualunque base finanziaria (come si è visto sul provvedimento principe costituito dal reddito di cittadinanza) è stato già detto tanto se non tutto.

Addirittura alcuni direttori di giornali (vedi Il Riformista) quando parlano del Professor Giuseppe Conte, sotto il profilo politico, lo identificano con il nulla, con la non esistenza: ed il nulla, come sostiene Heidegger, “nulleggia”.

Quindi nella non creduta ipotesi che il Premier Draghi insistesse nelle sue dimissioni lo farebbe non per motivi di grammatica politica (come da altri argutamente notato sia i 5 Stelle di Conte che i Dimaiani risultano scarsi anche nella grammatica italiana per cui figurarsi in quella politica) bensì per personale permalosità.

Ma la permalosità in politica non rappresenta un merito.

Rappresenta una condanna.

Le dimissioni confermate verrebbero interpretate come un atto di estrema codardia da parte di un tecnocrate sopravvalutato il quale, di fronte alle difficoltà causate dalla sua strategia di governo, cerca di “sottrarsi” alle problematiche da lui stesso causate.

La stessa postura di Draghi nei confronti della guerra in Ucraina, in caso di sue dimissioni, apparirebbe come l’elemento fondante della crisi energetica e dell’impazzimento delle bollette.

Le difficoltà, inoltre, nell’attuazione del PNRR, che già ci sono, ne risulterebbero amppliate ed i relativi danni derivanti dalla mancata erogazione delle somme promesse  e stanziate dall’Europa diverebbero integralmente addebitate sotto il profilo della responsabilità politica poichè nessuno può credere che il nulla (rappresentato da Giuseppe Conte) possa essere elemento scatenante delle dimissioni in un momento così drammatico sotto il profilo economico e sociale del Paese.

Accoglierà dunque, secondo me, il nostro Ministro Draghi i peana più o meno interessati che provengono dalla politica, dalla società civile, dall’Europa, dall’Ucraina e dal mondo (esclusa naturalmente la Russia).

E come un monarca, con grazia gentile, commosso da tanta partecipazione, affetto e stima revocherà le sue irrevocabili dimissioni rimanendo seduto sullo scranno di Palazzo Chigi dal quale non si era mai definitivamente alzato.

Tanto rumore per nulla, come nelle commedie di Shakespeare: e al povero Conte come nelle tragedie di Shakespeare rimangono dopo 5 minuti nell’agitarsi nel palcoscenico il nulla e l’oblio. E poi più niente.

Questo secondo me l’epilogo della giornata di mercoledì.

Sarà vera fortuna?