Capire la postdemocrazia nell’era digitale

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Capire la postdemocrazia nell’era digitale

Capire la postdemocrazia nell’era digitale

22 Febbraio 2023

Postdemocrazia è un termine già ampiamente elaborato dai primi anni Duemila. Indica quello “slittamento”, come lo definisce il presidente dell’Istituto Luigi Sturzo, Antonetti, verso forme inedite della democrazia liberale. Nelle quali Stato, partiti politici, elezioni e corpi intermedi, sembrano perdere peso e rilevanza rispetto alla modernità novecentesca. Leadership all’apparenza sempre più effimere e immediate. L’insorgenza del populismo. La ipersemplificazione dei meccanismi più articolati della democrazia. Una progressiva perdita di responsabilità e competenze della classe dirigente. Sono altri esempi di questo passaggio.

La postdemocrazia secondo Crouch

Antonetti cita il sociologo britannico Colin Crouch, il teorico della postdemocrazia, aprendo la presentazione del volume di Piero Craveri “Dalla democrazia ‘incompiuta’ alla ‘postdemocrazia’” (Il Mulino 2022). Un evento organizzato martedì da Fondazione Magna Carta con lo Sturzo a Roma. Nella versione di Crouch, il potere dello Stato nel regime postdemocratico si trasferisce verso istituzioni internazionali, enti transnazionali, altri attori non statali. Per Simona Colarizi, storica della Sapienza di Roma intervenuta alla presentazione, si tratta di una “grande transizione” che la docente cala nella storia nazionale.

Più in generale, la globalizzazione ridimensiona il potere degli stati-nazione. Indebolisce la capacità delle istituzioni democratiche di plasmare interamente le politiche economiche. I processi decisionali si centralizzano, mentre le élite economiche e tecnocratiche esercitano un’influenza sempre maggiore sulla politica. Per Crouch la democrazia non è destinata a scomparire, ma viene, come dire, svuotata nelle sue forme tradizionali.

La versione di Craveri

“La postdemocrazia non è un fenomeno solo italiano”. A modificarsi è “il funzionamento stesso delle democrazie liberali: negli Stati Uniti c’è stato il caso di Trump, in Francia vedremo cosa accadrà dopo Macron”. Così Piero Craveri, a margine della presentazione del volume, in una conversazione con l’Occidentale. “Oggi assistiamo a uno svuotamento parziale delle funzioni del Legislativo, del controllo dei parlamenti sull’operato dell’Esecutivo. Le maggioranze si identificano in leadership sempre più brevi e polarizzanti,” sottolinea lo storico, che mette in guardia dal “rischio” di ritrovarsi con “classi dirigenti poco articolate”.

La trasformazione digitale ha un peso rilevante nella postdemocrazia. Viene dopo la mediatizzazione dei sistemi democratici (la “videocrazia”, come la chiamava Sartori). Con l’arrivo della democrazia dei social che, invece del trionfo, sembra segnare l’ultima rivoluzione nel concetto di rappresentanza e nel libero dibattito. Un cambiamento dai contorni ancora indefiniti e per certi versi preoccupante. Le tecnologie dell’informazione si ‘rivoltano’ contro l’opinione pubblica e la società civile, i social media manager diventano i nuovi persuasori più o meno occulti, mentre i cittadini si allontanano dalla politica.

Quel corpo sociale scomposto in “bolle” virtuali

Ad essere a rischio, secondo alcuni osservatori, è la tenuta stessa delle istituzioni democratiche. Il corpo della nazione, tra rivolgimenti e sconvolgimenti politici, si spezzetta nelle ‘bolle’ virtuali del web e dei social. Per Gaetano Quagliariello, presidente di Fmc e già ministro delle riforme durante il Governo Letta, “leadership sempre più preminenti, declino della fiducia dei cittadini nei partiti e crescente distacco dei giovani dal voto, l’avvento dei social che modifica profondamente le modalità di trasmissione della politica, sono tutte tendenze che erodono prassi e valori consolidati della democrazia liberale. Imponendo una riflessione sui percorsi alternativi che possano assicurare quello standard di garanzie al quale l’Occidente non può rinunciare. Il libro di Piero Craveri è un ottimo punto di partenza di questa riflessione”. Il quadro delineato da Quagliariello descrivendo questo salto di qualità però non è pessimista.

Postdemocrazia, social tra luci e ombre

“Fenomeni come l’uso che le nuove generazioni fanno dei social media non vanno letti solo negativamente. La simultaneità dei messaggi politici rende i grandi partiti più contendibili. Spinge leader e forze politiche a prestare maggiormente attenzione alle richieste dei nuovi elettori. E, in questo modo, aumenta il tasso di democrazia e partecipazione del sistema”. Nel corso dell’evento organizzato da Magna Carta sono intervenuti anche Giovanni Orsina, Direttore della Luiss School of Government e Lorenzo Castellani, ricercatore alla Luiss Guido Carli, che abbiamo intervistato nei giorni scorsi.