
Giorgia Meloni e i pericoli di una vittoria annunciata

23 Settembre 2022
Gli ultimi giorni di una campagna elettorale corta ed incattivita, vedono il Segretario del PD Enrico Letta tornare ad evocare, con inquietante monotonia, lo spettro di una deriva “fascista” nella probabile ipotesi della vittoria di un centrodestra avente come polo attrattore il partito della Presidente Giorgia Meloni.
Sarebbe sbagliato liquidare le argomentazioni di Enrico Letta come il tentativo disperato di un leader destinato ad una probabile sconfitta.
Il realtà il segretario del PD ripete, modernizzandolo, un concetto elaborato da Gramsci (che riprende a sua volta Weber) nei suoi scritti sul fascismo ed in particolare sulle leadership di partito e precisamente quello di cesarismo “progressivo” e di cesarismo “regressivo”. Infatti, nell’ambito di sistemi politici formalmente parlamentarizzati e di assetti sociali caratterizzati da organizzazioni massificate, si può immaginare una soluzione cesarista anche senza un cesare, anche senza una grande personalità “eroica e rappresentativa” .
Questo cesarismo contemporaneo , secondo Letta, può assumere una forma più strisciante, gradualistica e “riformistica”, potendo configurarsi come forma tipica della “rivoluzione passiva” (come acutamente notato da Revelli).
La traslazione di analisi effettuate sulla fenomenologia del fascismo in un sistema di democrazia parlamentare nel quale tutti i partiti per dettato costituzionale sono portatori di democraticità interna ed esterna, appare in verità forzato.
Forzato ma non meno insidioso, in quanto implica una continuazione di dato strutturale sia pure in contesti differenziati tra il cessato partito fascista ed il partito della Presidente Giorgia Meloni la quale, da politica accorta, ha non solo capito e fiutato “il pericolo” ma, giocando d’anticipo, con una collocazione e postura inequivocabilmente atlantista (anche e soprattutto con riferimento alla guerra in Ucraina), ha notevolmente depotenziato a livello internazionale l’argomentazione.
Sul fronte europeista, per la verità, l’evocazione del cesarismo contemporaneo e cioè quella forma politica tipica di “una situazione in cui le forze in lotta si equilibrano in modo catastrofico” e cioè in modo tale che “la continuazione della lotta non può concludersi che con la distruzione reciproca”, sembra trovare orecchie più attente.
Le conseguenze catastrofiche del nazifascismo risultano, a livello europeo, radicate in modo così profondo da generare reazioni di rigetto anche a scapito dell’analisi approfondita dei fatti e delle situazioni.
Non tenerne conto risulterebbe, a modo di Talleyrand, un errore. Ed ai livelli apicali della politica, gli errori pesano eccome.
Il compito quindi della presidente Meloni, in caso di vittoria elettorale e di guida del governo quale Presidente del Consiglio, dovrà essere indubbiamente il definitivo superamento, nella fattualità, della pregiudiziale antifascista.
Non con l’ideologia ma con la scelta di una squadra di governo capace, competente, genuinamente europeista ed atlantista non nel senso di interpretare la “vox mortua” di alleati prioritari bensì nel senso di interprete e difensore dei valori di democrazia liberale occidentale.
Ciò non potrà essere senza alcune dolorose rinunce: ma la responsabilità di governo impone scelte diverse da quelle precedenti all’investitura elettorale.
Come nelle parole di Didone ad Enea “res dura et regni novitas me talia cogunt”.
E ne avrà di “res dura” la Presidente Meloni che dovrà sommare alle circostanze oggettive di recessione, inflazione, stagflazione, pandemia, guerra e crisi energetica, anche gli elementi suoi personali della “primavoltità”.
Prima volta di una donna leader di partito, prima volta di una donna, in pectore, designata in caso di vittoria elettorale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le sarà certo d’aiuto la necessaria capacità di individuare una squadra di governo e di nomine delle aziende pubbliche anche al di fuori del ristretto perimetro di appartenenza al suo partito politico avente le caratteristiche di competenza e di autonomia sopra indicate.
Il superamento dello sradicamento e dell’impoverimento di grandi masse di piccola borghesia illusa e poi tradita nelle aspettative dai precedenti governi in una con il contrasto alla desertificazione industriale e ad una efficace politica di sostegno alle fasce deboli, dovrà essere la cifra della sua attività di governo.
Ma non dovrà illudersi di poter fare a meno della collaborazione di due pilastri quali Draghi, che non farà il nonno, e Mattarella, particolarmente vigili sulle nomine dei Ministeri dell’Economia, dell’Interno e degli Esteri rappresentanti il “codice di riferimento” ai valori europei ed occidentali.
Certo non sarà facile sottrarsi agli appetiti degli alleati.
Ma la Presidente Meloni sta mostrando di essere organizzata per la sua “primavoltità”.
In attesa del verdetto elettorale.