La “Fine della Storia” è di nuovo rimandata
03 Novembre 2022
La fine della storia è solo rimandata. Potrebbe essere questa la logica conclusione trent’anni dopo la pubblicazione del famoso e tanto discusso libro del politologo americano Francis Fukuyama. E’, oggi, ormai 70enne, il professore dell’università di Stanford. Nato a Chicago Nell’Illinois. Il nonno paterno aveva lasciato il Giappone nel 1905 a causa della guerra russo-giapponese.
Il suo saggio venne alla luce nel 1992. E, il libro, “La fine della storia” torna oggi di nuovo di attualità non come precursore della fine dei cambiamenti e dell’evoluzione storica ma, al contrario come spunto ed insegnamenti per l’Occidente e le democrazie di tutto il pianeta. “Nel 1992”, affermava lo stesso Fukuyama, in una recente intervista, “Il mondo si era lasciato alle spalle il mondo comunista con la disintegrazione dell’allora Unione Sovietica”.
Il pianeta prima era diviso tra i due grandi imperi, quello americano, ma quello dell’URSS non c’era più. L’unico grande paese rimanevano gli Stati Uniti d’America. Polo di riferimento delle democrazie. La Cina arrancava ancora per lasciarsi alle spalle i disastri sociali ed economici dell’ideologia maoista. Il paese asiatico come lo conosciamo oggi era ancora di là da venire. L’Occidente continuava la sua corsa come unico polo di benessere e soddisfazione per i popoli del mondo.
La Storia sembrava avviata verso un’unica conclusione al di là di guerre e contrapposizioni. Nasce in questo contesto il saggio “La fine della storia” di Fukuyama, allora giovane studioso, che come interesse supera le aule accademiche occidentali. Poi, qualcosa è cambiato. Come sempre accade nel divenire dell’umanità, la storia cambia direzione. Sorprende. In maniera radicale. E, nel farlo lascia preziosi insegnamenti da capire e interpretare.
A distanza di 30 anni è lo stesso Fukuyama a scendere di nuovo in campo a difesa di quello che lui stesso chiama liberalismo. Lo ha fatto nel corso di decenni fino agli anni più recenti nel corso della pubblicazione di vari saggi di successo che si sono succeduti. Da “Fiducia” del 1996, a “La grande distruzione e la ricostruzione di un nuovo ordine sociale”, da “Esportare la democrazia””. a “L’America al bivio”.
E’ come se Fukuyama, con i suoi scritti, affermasse che la storia attraverso i cambiamenti politici e sociali, si è rimessa in moto. Ma, la domanda è: come? E, soprattutto in quale direzione? E, ancora, quali sono le sfide che l’Occidente con il suo bagaglio storico più recente sta affrontando?. Ed è forse questa la parte più interessante da capire e analizzare. Il nocciolo degli insegnamenti da trarre per capire la stretta attualità di un mondo che a volte ci fa paura.
Ed è come se attraverso i suoi scritti degli ultimi 30 anni il politologo americano ci dicesse che l’Occidente con il suo bagaglio storico si sta riposizionando in una grande scacchiera con i suoi punti di forza in vista delle nuove sfide. Primo elemento. L’Occidente con le sue libertà e il suo benessere economico e sociale rappresenta ancora un polo attrattivo per i popoli di tutto il mondo.
Niente a che vedere con le dittature che Fukuyama chiama teocrazie, in primo luogo Russia e soprattutto Cina. Dice lo stesso Fukuyama: “Putin è da tempo motore di una campagna anti-liberale globale, condotta con l’aiuto di leader populisti come Orban in Ungheria e non solo. Figure che dopo essere state elette hanno minato il proprio sistema che li ha portati al potere. Populisti che si nascondono dietro la difesa della sovranità nazionale”.
“Di sicuro con l’invasione dell’Ucraina Putin ha fatto chiarezza, mostrando quale è secondo lui l’alternativa al liberalismo. Terribile che sia accaduto ma, utile lezioni per tutti”. La gente scappa così di nuovo verso l’Occidente. Quasi mai invece verso le teocrazie orientali. Verso l’Europa c’è una migrazione continua. C’è l’arrivo di giovani menti che cercano certo libertà e benessere economico ma che danno anche la spinta sul piano della ricerca e dell’innovazione tecnologica.
Vedi la sfida dei vaccini contro il covid portato dalla Cina nel mondo e contrastato dalla scoperta dei vaccini fatta in America da due ricercatori di origine turca. Scrive ancora Fukuyama: “La democrazia non sopravvive se i cittadini non credono di far parte di uno stesso sistema politico. La crisi Ucraina ci restituirà il senso di istituzioni come l’Unione Europea, fino a poco tempo fa duramente criticata dai sovranisti”.
“Il lungo periodo di pace e prosperità seguito alla caduta dell’Urss ha spinto a dare il liberalismo democratico per scontato”. E, ancora, “Putin ha invaso il suo vicino perché era convinto che l’Occidente fosse troppo diviso e non credesse più a niente. E’ stato smentito”. Ma Fukuyama vede un altro pericolo, quando afferma: “La democrazia americana in primo luogo, come quella Europea è sotto stress”. Incapace di guardare agli insegnamenti della sua recente storia.
Ripiegata su se stessa. Incapace di porsi come faro e punto di riferimento per l’intero pianeta. Durante la Seconda guerra mondiale, l’Occidente ha lottato, pagando un tributo di sangue per la propria libertà contro feroci dittature. Ed ha vinto conquistando un lungo periodo di pace e prosperità. La storia è lì a ricordarcelo.
Ci sono altri due concetti che Fukuyama interpreta e analizza. Il primo. “Economia”.
“Da destra i sostenitori dell’economia neoliberista hanno trasformato il libero mercato in un dogma, distorcendo l’economia fino a renderla instabile, mentre l’individualismo è diventato opposizione a tutte le regole. Da sinistra invece si è convinti che il liberalismo è un sistema elitario che opprime gruppi in base a etnia, genere, orientamento sessuali. Si è così arrivati a rivendicazioni identitarie che stanno trasformando il bisogno di rispetto, insito nel politicamente corretto, in una forma di intolleranza”. 30 dopo Fukuyama torna a parlare della storia come motore del mondo nel quale viviamo.
“Nel mio libro La fine della storia dedico molte pagine alla debolezza degli uomini forti. Ne stiamo vedendo una dimostrazione. In tanti credevamo che Putin avesse uno stato estremamente forte perché contava su un esercito gigantesco. Ma ora si capisce che nessun esercito è mai più forte delle persone che lo compongono. Gli Ucraini sanno esattamente perché combattono, per le loro famiglie, la loro terra, la sovranità e la loro libertà”.
“Sono motivazioni poderose. Guarda caso le stesse per le quali hanno combattuto per tanti anni e conflitti i diversi paesi occidentali”. E’ bene citare l’ultimo libro, “Guerra infinita”, dell’inviato del Corriere della sera Lorenzo Cremonesi. Nelle ultime righe si legge: “La disfatta dell’esercito afgano nostro alleato comportò l’immediato precipitare dell’intero Paese nella notte cupa della dittatura, resa ancora più intransigente dal fondamentalismo religioso”.
“L’ennesima prova della fallacia della democrazia quando è incapace di sostenere le sfide militari”. Tornando al politologo americano egli afferma quale sia la sfida più difficile e complessa per l’Occidente: “C’è un parallelismo fra Putin e il leader cinese XI. Entrambi hanno reso i loro sistemi non solo accentrati ma anche molto personalistici. Questo ha reso evidente che i loro fallimenti, vedi la guerra in Ucraina e la lotta al covid, dimostrano come sia meglio avere democrazie liberali con regole e controlli sul potere esecutivo. Regola base nella storia delle democrazie occidentali”.
L’Occidente diventa forte se si ricompatta davanti alle difficoltà, alle sfide della storia. Ai pericoli esterni ed interni. La civiltà occidentale è al momento la più lunga dei secoli recenti. Capace di dare risposte ai bisogni delle popolazioni, etnie nei diversi paesi. “E’ come”, dice Fukuyama al termine del racconto di questi ultimi anni fino ai nostri giorni, “se l’Occidente di fronte alle sfide ai pericoli avesse la capacità di ricompattarsi, diventasse più forte”. E con un sorriso al termine di una intervista Fukuyama ha affermato: “Sì, devo dire, che la fine della storia 30 anni dopo è ancora rimandata”.