La storia di Dave Matthews è il classico “american dream” che diventa realtà

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La storia di Dave Matthews è il classico “american dream” che diventa realtà

13 Settembre 2009

La storia di Dave Matthews è il classico american dream divenuto realtà, un giovane che lavora in un bar in Virginia, sogna di vivere della sua musica e va ben oltre, diventando uno dei più importanti e apprezzati artisti dei nostri tempi.

È il 1990, e David John Matthews (1967, Johannesburg, Sud Africa), emigrato negli Stati Uniti con la famiglia all’età di due anni, sollecitato da alcuni degli amici che frequentavano il Miller’s Bar di Charlottesville, registra la sua prima demo, già contenente alcuni dei brani che diventeranno classici del suo repertorio e decide di farli ascoltare a due musicisti locali, il batterista Carter Beauford (1957, Charlottesville, Virginia) e il sassofonista Leroi Moore (1961-2008, Durham, Carolina del Nord), che ne rimangono colpiti e decidono di prendere parte al nascente progetto del chitarrista.

È con l’ingresso del giovanissimo Stefan Lessard (1974, Anaheim, California) allora appena sedicenne, che può dirsi formato il nucleo originario della band e che iniziarono le prime registrazioni e i primi concerti di prova. In procinto di registrare “Tripping Billies”, brano famosissimo e tuttora suonato dalla band, Dave sente il bisogno di aggiungere una parte di violino e contatta Boyd Tinsley (1964, Charlottesville, Virginia), già conosciuto nella scena locale, che si inserisce gradualmente nel gruppo fino a quando nel 1992 non ne entra a farne parte a tutti gli effetti. Nessuno di loro lo sa ancora, ma sta nascendo il mito della Dave Matthews Band.

Comincia un’intensissima attività live nei club locali e nei college e con essa comincia un crescendo di popolarità che desterà la curiosità di radio, giornali e degli addetti ai lavori, che intravedono il potenziale della formula così originale proposta dal gruppo, un folk obliquo misto a jazz e rock, nato dall’unione di strumenti poco affini ad una rock band, violino, sax e chitarra acustica, unitamente all’elegante ed efficace songwriting del suo frontman. La possibilità poi di registrare i concerti direttamente dal mixer presente ai concerti, favorì il passaparola e lo scambio di nastri fra gli appassionati, aiutando a far conoscere il nome della band e il forte impatto che riuscivano e riescono ancora ad esprimere dal vivo.

Nell’arco di due anni vedono alla luce le due prime pubblicazioni ufficiali per la DMB, per l’etichetta indipendente Bama Rags, il live Remember Two Things e Recently, entrambi accolti con entusiasmo spropositato dal pubblico. Era giunto il momento di passare ad una major che permettesse alla loro musica di fare il giro del mondo. Nel maggio del 1994, la band racchiude in studio gran parte del materiale già ampiamente suonato dal vivo e con la straordinaria produzione di Steve Lillywhite che li accompagnerà nell’ascesa planetaria anche nei due seguenti album, pubblica per la RCA-BMG Under the Table and Dreaming, disco di platino appena un anno dopo (1.000.000 di copie). A seguire il primo tour che tocca Usa, Canada e Europa, le prime apparizioni televisive, i primi video e i primi riconoscimenti ufficiali. La Dave Matthews Band promettere di essere la “Next big thing”, e come sempre meno spesso accade, manterrà la parola.

1996, forti del rodatissimo repertorio suonato da anni, decidono di tornare in studio. Verrà alla luce in breve tempo Crash, secondo disco su major, disco di platino in pochi mesi, effigiato di un Grammy Award per la canzone So much to say, contenente alcuni brani che saranno ben presto dei classici eterni per la band come Crash into me, #41, Two Step e Too Much. Nel 1997 la prima di una lunghissima serie di pubblicazioni live, Live at Red Rocks, uscita per contrastare il dilagante e costosissimo mercato underground legato ai bootleg delle loro esibizioni e per creare una connessione affettiva nei confronti del sempre più crescente pubblico, connessione che non si è ancora interrotta, dopo la bellezza di 21 dischi live, spesso usciti in forma di doppi o tripli cd, a testimonianza della coinvolgente e totalizzante esperienza rappresentata da un concerto della Dave Mattews Band.

È del 1998 il lavoro più complesso e maturo del gruppo, Before These Crowded Streets, un’opera con singoli meno efficaci, ma con un’omogeneità e una cura negli arrangiamenti maniacale che lo fanno esordire direttamente al primo posto delle classifiche. Due anni dopo, la band di nuovo in studio, decide di abbandonare le canzoni in fase di sviluppo con il produttore storico (che poi diventeranno l’album non ufficiale Lillywhite Sessions, il quale verrà riproposto in gran parte in Busted Stuff del 2002, quinto disco per la RCA), a causa di una crisi depressiva di Dave Matthews, per affidarsi ad un nuovo produttore, il famosissimo Glen Ballard, con il quale, nel 2001, pubblicano il controverso Everyday, campione assoluto di vendite grazie a canzoni come The space between, che venne però accolto freddamente dai fan della prima ora, a causa del deciso cambio di stile che la collaborazione col nuovo produttore aveva determinato, verso una forma canzone più pop e suoni più radiofonici.

Nel 2003, un evento che segna la carriera dei cinque. Si esibiscono in una performance gratuita nella totalità di Central Park, a New York, difronte a 200.000 persone, devolvendo completamente i fondi alle scuole della città. Come loro prima soltanto altri cinque artisti, fra i quali ricordiamo il famosissimo concerto di Simon and Garfunkel. Dello stesso anno il primo album solista di Dave Matthews, Some Devil, per il quale vince un altro Grammy, considerato da molti una delle opere più ispirate dell’autore naturalizzato americano.

Tre anni dopo l’ultima pubblicazione in studio, esce l’attesissimo Stand Up, fortemente influenzato dalla situazione politica di allora, nell’autunno del 2004 la band aveva partecipato attivamente al “Vote for change tour”, una campagna a sfavore della rielezione di Geroge Bush, un disco che accontenta solo per metà coloro che speravano in un ritorno alle vecchie sonorità ma che comunque regala alcuni nuovi singoli di ottimo livello, come American Baby e Dreamgirl.

Tra il 2006 e il 2008 avviene un progressivo riavvicinamento della band all’Europa, continente di interesse relativo per una macchina da cento concerti l’anno, quasi sempre sold out, negli stadi e nei più importanti festival di tutti gli Stati Uniti. Infatti, in maniera attribuibile solamente alla fortissima matrice americana delle origini della loro musica, il loro successo è rimasto abbastanza confinato agli States, destando un interesse relativo altrove solo fra i veri appassionati e gli addetti ai lavori, così come fra i musicisti o aspiranti tali che apprezzano anche le incredibili doti tecniche dei singoli elementi del gruppo. Questo crescente interesse per il vecchio continente ha prodotto due tour nelle principali città europee e un tour solista di Dave, accompagnato alla chitarra dall’amico di sempre Tim Reynolds. Dopo ben undici anni dalla sua ultima apparizione, la DMB ha colpito Lucca il 5 luglio scorso, regalando agli italiani un concerto indimenticabile, della durata di oltre tre ore e dall’incredibile bellezza e intensità.

Nell’agosto del 2008, poco prima della pubblicazione del loro settimo lavoro in studio, Big Whiskey and the Groogux King, il gruppo subisce una grave perdita. Muore in seguito alle complicazioni dovute ad un incidente lo storico sassofonista della formazione, Leroi Moore. Assorbito il duro colpo e riorganizzata la line-up, la band continua il tour previsto per l’uscita della loro nuova opera, un disco che mostra una verve e un’energia creativa rinnovata da parte di tutti, con alcuni bellissimi brani, come Why I am, Seven, You&me, che ci riportano indietro come sonorità ai loro tempi migliori, facendoci ben sperare per il futuro.