Più libri più liberi, l’editoria è ancora quella che conoscevamo

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Più libri più liberi, l’editoria è ancora quella che conoscevamo

Più libri più liberi, l’editoria è ancora quella che conoscevamo

12 Dicembre 2023

Domenica 10 dicembre si è conclusa la fiera della piccola e media editoria italiana “Più libri più liberi”, che da oltre venti anni si svolge a Roma e che la Nuvola dello Studio Fuksas ospita in maniera continuativa dal 2017. Più di 600 appuntamenti distribuiti nei cinque giorni dell’evento, tra nuovi libri, autori e dibattiti.  Quest’anno i dati segnano il record assoluto di presenza con 115mila persone e 600 espositori, simbolo della ricchezza culturale di un Paese in cui le piccole e medie attività costituiscono il cuore di un tessuto imprenditoriale vivace e dinamico.

La polemica

Il grande evento non è passato inosservato specie ai librai, in aperta polemica già dalla primavera di quest’anno. La vendita diretta delle case editrici annulla la mediazione delle librerie soprattutto a ridosso delle festività natalizie, periodo più redditizio in assoluto; andrebbe, secondo loro, riformulato il concept della fiera: solo esposizione senza acquisto o perlomeno spostare il periodo dell’evento per limitare il danno.

Abbiamo fatto un giro tra gli editori per capire cosa ne pensano. Seppur tendenzialmente solidali, la controparte delle case editrici sostiene l’importanza che questo evento assume per piccole realtà come queste, che in un’occasione del genere possono godere di una visibilità che in nessun caso, per varie ragioni, una libreria può assicurare loro.

In sostanza, nonostante il conflitto d’interessi sembrano esserci dei punti di dialogo, come la riformulazione delle date: non ci resta che aspettare il prossimo anno.

Verso un’editoria digitale?

Anche la produzione libraria si misura da tempo con le nuove sfaccettature della fruizione digitale. In quest’ambito sono diversi coloro che scelgono di rimanere sulla carta, sia per ragioni ideologiche che per questioni tecniche, come ci racconta chi si occupa di editoria d’arte o fumettistica (tra l’altro, uno dei settori più in crescita degli ultimi anni).

Dall’altra parte troviamo invece editori come  Voland che, rispetto al cartaceo, quest’anno ha investito il 40 percento in più in eBook e il 20 in audio libri, che però risultano un prodotto più complesso e costoso da realizzare.

Ad ogni modo, se qualche tempo fa il trend suggeriva un percorso di coesistenza tra cartaceo e digitale, ad ora il processo è fermo in favore della carta; ce lo spiega Luca Briasco, direttore editoriale Minimum fax. «C’è ancora attenzione all’oggetto libro, per ora l’editoria resterà quella tradizionale» sostiene,  nonostante per gli editori risulti molto più conveniente, in termini economici, produrre in digitale più che in cartaceo.

(non tutti) Gli editori hanno paura dell’A.I.

Restando in tema di innovazione, sulla scia dei temi polarizzanti del dibattito contemporaneo, abbiamo indagato il rapporto di queste realtà con l’intelligenza artificiale. Le risposte non tradiscono le aspettative: è una questione controversa, spaventosa, che affascina e ritrae.

Lo stesso Briasco è convinto che l’intelligenza artificiale troverà applicazione nell’ambito delle traduzioni, per via della sua natura ibrida che unisce tecnica e creatività; pertanto, sarà molto probabile che un traduttore si trovi a lavorare un testo che avrà già subito una traduzione. Però «nella scrittura non ci credo» afferma, «la creatività non è sostituibile. L’editing strutturale di un libro è impossibile, poiché la struttura è legata all’intenzione dell’autore che l’A.I. non può prevedere.»

Insomma, che l’intelligenza artificiale,  seppur tecnicamente avanzata, non sia in grado di produrre ex novo un prodotto editoriale avvincente quanto potrebbe fare una persona, è opinione comune. Anche l’autore Vincenzo Sacchi, che ci racconta di aver sperimentato la scrittura artificiale, parla di un risultato editoriale  ben scritto ma privo di fantasia, vuoto. Ma si dice preoccupato per il futuro: «l’A.I. è come la bomba di Oppenheimer», uno strumento… gigantesco.

Una storia moderna

Del tutto originale è il caso di Interno Poesia, un progetto editoriale di cui Andrea Cati, fondatore e direttore editoriale, ci ha raccontato l’evoluzione. Attraverso progetti di crowdfunding, la casa editrice nasce come naturale conseguenza del blog omonimo, che nel 2014 inizia il suo percorso di divulgazione poetica sul web.

Il tema del digitale è qui inscindibile dalla natura stessa dell’esperienza, che deve la sua ragion d’essere a una popolarità formatasi attraverso gli strumenti della socialità contemporanea: la stessa che permette la pubblicazione esclusiva di un prodotto editoriale come la poesia, che non ha grande riscontro nel mercato di massa.

Alla luce di una tale fenomenologia, non sorprende l’apertura di Cati verso la sperimentazione editoriale attraverso l’intelligenza artificiale. «È affascinante» dice, «ma l’umano lo è di più».

Qualche considerazione…

Questo breve viaggio nel panorama della piccola editoria italiana dipinge un quadro in cui  ancora forte è il sentimento che lega le persone a una tradizione editoriale e di consumo che intende il libro in quanto oggetto esperito nel suo peso quotidiano, fotografico, analogico. Coesiste, in ogni caso, lo slancio verso un’innovazione che promuove l’integrazione di formati che ripensano l’esperienza di lettura e di  lettore.

Meno divisive sono, invece, le opinioni su approcci e impieghi dell’intelligenza artificiale nei processi di produzione e creazione: non convince. Certo, il tema si trascina un notevole grado di complessità, dal momento che, anche il solo pensare a una sua messa in pratica, comporta una (non indifferente) ridefinizione di paradigmi.

Tuttavia, il  fatto che esista una riflessione e –non è raro– anche una sperimentazione, riflette un contesto culturale vivo, diversificato e, soprattutto, critico.